La visione globale che caratterizza oggi l'archeologia deve una parte non indifferente del suo positivismo al crescente utilizzo di tecnologie, soprattutto informatiche. Sono queste tecnologie, infatti, a garantire un supporto adeguato alle crescenti aspettative di analisi e di conoscenza di uno statuto disciplinare estremamente articolato, fornendo strumenti in grado di lavorare con enormi quantità di dati e soluzioni adeguate a gestire la crescente complessità delle relazioni.
Oggi l'informatica ha trovato una collocazione anche nelle aule universitarie e, sebbene ancora costretta nei ristretti confini delle 'applicazioni', è ormai parte integrante dei curricula di formazione in molti corsi di laurea in Beni Culturali o in Archeologia.
Opzionale, certo, perché ancora considerata come uno strumento utile ma sostanzialmente esterno, 'applicabile' alla metodologia nelle sue diverse declinazioni. E spesso mortificata, da improvvidi accostamenti ad una alfabetizzazione informatica (le famigerate patenti europee ...) che andrebbe ripensata dalle fondamenta.
Pensando al futuro -e ad un'archeologia più moderna- mi piace però immaginare che l'approccio attuale si possa evolvere in qualcosa di più organico, in cui la componente informatica non sia più un vezzo esoterico riservato a chi ha il dono divino di capire strani linguaggi e arcani strumenti, ma piuttosto un tassello strategico di una nuova metodologia.
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